venerdì 26 giugno 2009

Alcune precisazioni e qualche risposta

I miei ultimi due post ("Il frutto piú amaro del Concilio" e "Elogio di Paolo VI") hanno avuto una discreta risonanza: sono stati rilanciati da altri blog e siti e ampiamente commentati (o nei blog che li riprendevano o con me direttamente, tramite posta elettronica).

A questo punto mi sento in dovere di fare alcune precisazioni, oltre che di rispondere a quanti mi hanno scritto.

1. La prima precisazione riguarda i commenti, che non sono abilitati su questo blog. Ne ho già parlato i primi giorni, ma non posso pretendere che i nuovi lettori vadano a leggersi i primi post pubblicati. Per cui penso che sia opportuno ripetere i motivi di questa scelta. Non sono un blogger di professione; sono un sacerdote missionario. Ho iniziato quest'attività quasi per gioco (anche se c'era in quei giorni dentro di me una certa rabbia, che dovevo in qualche modo sfogare). Non pensavo minimamente che il blog avrebbe avuto il successo che ha avuto: mi sono reso conto che non solo c'era spazio per una voce che andava ad aggiungersi alle innumerevoli voci già online, ma che questa voce era pure apprezzata da molti. Per questo motivo, continuo a pubblicare post piú per dovere che per piacere, perché so che qualcuno li attende. La prendo come una nuova forma di apostolato, anche se mi rendo conto che tutto è relativo, per cui da un momento all'altro le cose potrebbero cambiare. Ebbene, perché non ho abilitato i commenti? Perché, sinceramente, non ce la farei a starci dietro; mi richiederebbero troppo tempo, un tempo che non ho e, se anche lo avessi, preferirei spendere in modo diverso. Gestire i commenti di un blog non è questione facile; vedo ciò che è accaduto e accade in altri blog: in qualche caso il mancato controllo degli interventi ha portato a scelte esiziali per il sito (vedasi Effedieffe). Purtroppo, spesso (non sempre, per fortuna) l'agorà della discussione si trasforma in un'arena di gladiatori: se non si moderano i commenti, la situazione rischia di sfuggire di mano. Questo controllo, io non posso in alcun modo farlo.

2. Ciò significa che non gradisco essere messo in discussione? Niente affatto; anzi, il contraddittorio è molto gradito, purché fatto con civiltà. L'unica cosa che non sopporto è che degli "Anonimi" si permettano di criticare con superficialità e sufficienza le idee di chi si espone con nome e cognome (e foto). Non penso di pretendere troppo se desidero che i commenti siano fatti con lo stesso impegno con cui i post vengono scritti, siano frutto di riflessione e non di reazione immediata, e siano pertinenti all'argomento trattato. Tutto ciò può essere fatto tranquillamente attraverso la posta elettronica. Nel profilo si può trovare il mio indirizzo email. A questo proposito, vorrei pregare tutti coloro che mi scrivono di utilizzare d'ora in poi l'indirizzo "querculanus@gmail.com" e non piú "scalese@gmail.com". Questo, semplicemente perché vorrei mettere un po' d'ordine nella mia posta elettronica e raccogliere tutti i messaggi attinenti al blog in un'unica cartella (e non dimenticare di rispondere a qualcuno).

3. Avrete notato che ultimamente i post si sono diradati. Forse vi devo una qualche spiegazione. Sono stato trasferito in un altro paese, che per il momento, per motivi di prudenza (no, state tranquilli, non rischio la vita), preferisco non rivelare. Dove mi trovo attualmente ho meno tempo a disposizione, spesso manca la luce e, anche quando c'è la corrente, la connessione a internet non funziona. Tutto ciò non mi permette di organizzare la mia giornata come vorrei, dedicando un certo tempo alla lettura, un po' di tempo alla stesura dei post, e il resto ad altre attività. Le mie giornate sono, per il momento, alquanto irregolari e disordinate (cosa non buona per un religioso); per cui ho dovuto ridurre la frequenza di pubblicazione dei post. Sono sicuro che capirete.

E ora veniamo alle risposte.

1. Non pretendo che tutti abbiano avuto la medesima esperienza di Paolo VI. Ho detto nel mio post che si trattava di una testimonianza personale, che vale quel che può valere. Dico però che se uno non ha mai avuto la fortuna di incontrare personalmente Papa Montini e di ascoltarlo, non può capire quel che ho scritto. Posso essere schietto? Quel che provavo quando sentivo parlare Paolo VI non l'ho mai sperimentato nei 27 anni successivi (senza con ciò nulla togliere ai meriti di Papa Wojtyla). Voi direte: solo una questione emotiva. Può darsi che sia vero: Paolo VI è stato il Papa della mia giovinezza. Ma credo di aver dimostrato razionalmente, al di là dei sentimenti, che cosa ha fatto Papa Montini per la Chiesa. A quel che ho già scritto, potrei aggiungere, come mi rammenta Gianni, il Credo del Popolo di Dio (di cui abbiamo scoperto recentemente i retroscena). Ma vorrei aggiungere un altro "schiaffo" al Concilio da parte di Paolo VI (forse non cosí forte come la "Nota praevia" o l'avocazione a sé di celibato e contraccezione, ma in ogni caso un gesto significativo). Nella Lumen gentium c'è un capitolo sulla Madonna, dove questa ci viene presentata come "figura della Chiesa" (typus Ecclesiae): Maria è un membro della Chiesa, una di noi, una come noi, al massimo un modello da imitare. Tutto vero. Ma che cosa ti fa Paolo VI? Al termine del terzo periodo del Concilio (21 novembre 1964), nel momento stesso della promulgazione della Lumen gentium, proclama la Beata Vergine Maria "Madre della Chiesa", in barba ai teologi e ai Padri conciliari...

2. Alessandro, a proposito dell'Ostpolitik di Montini, mi fa notare che l'accordo con i sovietici mirava a evitare una possibile ritorsione dei regimi comunisti contro i cattolici, ritorsione che avrebbe probabilmente fatto séguito a una eventuale condanna del comunismo da parte della Chiesa. E aggiunge che le condanne precedenti del comunismo (di Pio XII e Giovanni XXIII) rimasero invariate anche durante tutto il Concilio Vaticano II. Accolgo volentieri tale precisazione, anche se non ho elementi per esprimere un giudizio personale. Dico solo che tali questioni, anziché dai giornalisti, andrebbero approfondite dagli storici. Da parte mia ribadisco che non sono mai stato un fautore della Ostpolitik vaticana. Anche se ora la situazione è radicalmente cambiata (per cui le mie valutazioni storiche sono in fase di rielaborazione), dico sinceramente che la politica dei compromessi con le ideologie non mi è mai piaciuta né durante l'illuminismo, né al tempo del nazismo, né all'epoca del comunismo, né oggi, né mai (chi ha orecchi per intendere...).

3. Don Gianluigi mi scrive: Paolo VI "ha assolto il suo ministero come chi dà regole direttive, enuncia delle verità, richiama i principi, redige documenti, ma ha rinunciato a veri e propri atti di governo, di potestà obbligante che è sempre stata considerata parte integrante del supremo officio pontificale. Senza questi atti l'insegnamento stesso della verità risulta inefficace e rimane solo astratto. Per difendere la vera dottrina occorrono due cose: a) rimuovere l'errore in sede dottrinale, il che si realizza confutando gli argomenti dell'errore e dimostrando la loro infondatezza; b) rimuovere l'errante, cioè privarlo del suo ruolo nella chiesa affinché non sparga l'errore". E continua dicendo che Papa Montini è stato autoritario con i tradizionalisti e debole con i progressisti, che non ha vigilato sulla riforma liturgica ed è stato eccessivamente tollerante con gli abusi. Rispondo: sarà anche vero che Paolo VI è stato debole e tollerante con le persone. Ma per me questo non è una colpa; è piuttosto una virtú. Papa Montini era un gran signore: credeva nelle persone, si fidava di loro, lasciava spazio alla loro iniziativa. Che questo sia rischioso, non c'è dubbio; ma personalmente preferisco aver a che fare con un superiore di questo genere piuttosto che con uno autoritario, che non dà spazio e non si fida di nessuno. Ma quando si accorgeva che qualcuno approfittava della sua fiducia diventava inflessibile. Credo che sia un caso unico nella storia della Chiesa il trasferimento su due piedi di Mons. Bugnini a Teheran (altro che promozioni, come di solito si fa). Non mi risulta che sia stato mai pubblicato un Messale che potesse dare adito a sospetti di eresia. È vero che la prima edizione dell'Ordo Missae lasciava ancora molto a desiderare, ma fu subito modificata. Non mi scandalizza affatto che, a lavori ancora in corso, potesse venir fuori qualcosa di discutibile. Ciò che conta è il risultato finale, il quale, ancorché perfettibile, non può essere in alcun modo tacciato di eresia. Il fatto che Paolo VI accolse la critica dei Cardinali Ottaviani e Bacci dimostra che non era sordo alle istanze dei tradizionalisti. Fu lui stesso di persona a volere la conservazione dell'Orate fratres, per sottolineare il valore sacrificale della Messa. No, nella difesa della dottrina Paolo VI non può in alcun modo essere messo sotto accusa (e fu una difesa motivata, che confutava gli argomenti contrari). È stato tollerante con le persone; ma ciò, a mio parere, nonché diminuire, accresce la sua grandezza.