venerdì 10 luglio 2009

Don Farinella e Berlusconi

Un ex-alunno, "Maxime", mi ha segnalato la lettera aperta di Don Paolo Farinella al Card. Angelo Bagnasco sull'affare Berlusconi. Sono stato alquanto titubante a intervenire sulla questione. Coloro che mi seguono regolarmente sanno che non mi sono mai occupato di politica italiana (qualche anno fa la si definiva un "teatrino"). Questo non significa che non me ne interessi; ma si tratta di un fatto privato, che mi riguarda come cittadino. Ma siccome sono consapevole di svolgere un ruolo nella Chiesa, e siccome sono convinto che tale ruolo è rivolto a tutti, mi dispiacerebbe che, per motivi di bassa politica, esso potesse essere in qualche modo intaccato. Anche perché le mie opinioni politiche, specialmente dopo il crollo della "prima repubblica", sono diventate alquanto "fluide" (come penso per la maggior parte degli italiani): gli attuali partiti politici italiani non sono piú delle "chiese" di appartenenza, come erano la DC e il PCI di una volta. Ricordo che a delle elezioni amministrative, qualche anno fa, votai per tre liste diverse. Per cui non vale proprio la pena di mettersi a far politica, quando neppure io sono cosí convinto di quel che penso. Ma il caso presente è diverso: non si tratta di essere pro o contro Berlusconi; il problema è molto piú grande.

Premetto che non ho nulla a che spartire col Cavaliere; non mi è stato mai simpatico né umanamente, né politicamente; non ho mai votato per lui. Lo rispetto in quanto Presidente del Consiglio; ne apprezzo alcune indubbie qualità; condivido alcune sue scelte politiche; mi preoccupo di certi interventi legislativi che sembrano volti a tutelare piú i suoi interessi personali che quelli del paese; stendo un velo pietoso sulle sue miserie personali. E qui mi fermo. Perché non penso che sia mio compito andare oltre.

Per questo non posso in alcun modo condividere l'indignata lettera di Don Farinella al Card. Bagnasco. A parte il tono ("Viviamo nella stessa città e apparteniamo alla stessa Chiesa: lei vescovo, io prete": personalmente ritengo che il rapporto di un prete col suo vescovo non si riduca alla casuale coincidenza di vivere nello stesso luogo...), il problema è che questo confratello non ha capito nulla. A qualcuno può apparire un "profeta" (lo stesso titolo della lettera lo insinua: "Senza la profezia, rimane la complicità"); lui stesso probabilmente si considera un nuovo Giovanni Battista (si veda la finale della lettera); per me, è semplicemente un ingenuo. Io non so quali siano le sue fonti di informazione: probabilmente il Corriere della sera e la Repubblica; probabilmente il nostro "Don" non sa che oggigiorno, se vogliamo, non dico essere informati correttamente, ma perlomeno renderci conto della complessità dei fenomeni a cui assistiamo, è consigliabile rivolgersi ad altre fonti (per esempio internet), piuttosto che alla grande stampa. Ho l'impressione che il confratello genovese, pensando di essere un prete moderno e di sinistra, al passo coi tempi, non si rende conto di vivere fuori dal tempo.

La sua lettera è un classico esempio di moralismo. Vi ricordate? Ne parlavo qualche giorno fa. A leggerla, un buon cattolico non può che acconsentire. Chi può dargli torto? I comportamenti che egli denuncia sono tutti contro la morale cattolica (quando noi — intendo Don Paolo e io — eravamo un po' piú giovani, di solito certe scandalizzate invettive venivano da cattolici tradizionalisti bacchettoni; ma, tant'è, i tempi cambiano...). L'unico problema è: chi ci ha autorizzato a ergerci a giudici? Si risponderà: la Chiesa deve essere la "coscienza critica" della società. Scusate, dove sta scritto? Io leggo nel Vangelo: "Non giudicate!". Forse che questo precetto prevede una eccezione, quando si tratta di governanti? Può darsi, ma vorrei che qualcuno mi indicasse la citazione. I comportamenti denunciati da Don Farinella sono una questione che riguarda la coscienza dell'on. Berlusconi, non me. Mi riguarderanno quando — speriamo presto — verrà a confessarsi da me: allora gli dirò cosa deve fare; ma la cosa rimarrà tra me e lui.

Questo non significa che la moralità sia una questione privata e che la vita pubblica possa prescindere da essa. Ce lo ricordava il Papa in questi giorni: anche l'economia, anche la politica aggiungo io, hanno — devono avere! — una dimensione etica. OK. Ma occorre pure distinguere fra il ruolo pubblico e la vita privata. Un uomo di governo, a qualsiasi livello, deve essere giudicato per quel che sa fare, non per la sua vita privata. Questo non vale solo per i governanti; vale per chiunque. Se mi rovolgo a un falegname o a un medico o a un avvocato o a chicchessia, non lo faccio perché egli è un buon cristiano, perché ha una vita irreprensibile, perché è di destra o di sinistra, ma semplicemente perché so che sa fare il suo mestiere. Da un sindaco mi aspetto solo che sappia amministrare la città, sappia far fronte ai bisogni dei cittadini (traffico, nettezza urbana, ecc.); non gli chiedo altro. Se poi è anche un buon cattolico, mi fa piacere e condividerò con lui la mia fede. Lo stesso vale per l'on. Berlusconi: sa fare il suo mestiere? Non lo so, non sta a me rispondere; ma è questa l'unica domanda alla quale bisogna dare una risposta. E, siccome si presume che siamo in una democrazia, ritengo che l'unico abilitato a rispondere a questa domanda sia il popolo sovrano, che esprime il suo giudizio mediante libere elezioni. Il resto, sono fatti suoi; se la vedrà con Dio e con la sua coscienza (eventualmente con la mediazione del confessore).

Detto questo, rimane da spiegare perché ho dato dell'ingenuo a Don Paolo. La sua ingenuità sta nel non accorgersi che, mentre lui pensa di fare il profeta, c'è qualcuno che si serve di lui per raggiungere altri scopi. Ha mai sentito parlare il Reverendo di "poteri forti"? Probabilmente no, se si limita a leggere il Corriere e la Repubblica, essendo quei giornali emanazione di detti poteri; ma, se lui provasse ad allargare un tantino il suo orizzonte, si accorgerebbe che Berlusconi e Franceschini (come pure Sarkozy e la Merkel e Obama e tutti gli altri) non sono nessuno; chi comanda effettivamente in Italia e nel mondo sono altri poteri, tanto oscuri quanto reali. Non si è mai chiesto Don Farinella come mai la stampa estera ce l'abbia tanto con Berlusconi? Che le interessa del nostro capo di Governo? Sono affari nostri. È cosí evidente che è in corso una campagna mediatica per discreditarlo. È forse la prima volta che ci si serve della vita privata per eliminare un uomo politico che incomincia a dare fastidio?

Non sta a me indicare quali sarebbero le "colpe" di Berlusconi di fronte ai "poteri forti", non solo perché sono un prete, ma semplicemente perché non ho fonti riservate di informazione. Quello che so, lo leggo su internet. Posso solo rinviarvi a qualche articolo che mi ha aperto gli occhi. Per esempio, nei giorni scorsi, sul sito Come Don Chisciotte, ho letto due articoli molto interessanti, con interpretazioni alquanto diverse: La demolizione controllata di Berlusconi, di Roberto Quaglia, e Berlusconi nei guai con la malavita organizzata, di Rita Pennarola. Io non ho elementi per dire chi dei due abbia ragione: può darsi che uno abbia ragione, l'altro torto; che tutti e due abbiano torto o che tutti e due abbiamo un po' di ragione. Non lo so. Mi limito a prendere atto che ci sono in ballo interessi ben piú grossi di quelli che ci vorrebbero far credere. Altro che "Papi"... Proprio per questo, meglio starne alla larga; soprattutto per chi, come noi preti, di queste cose ne capisce ben poco. Che se la vedano fra di loro. Noi abbiamo ben altro a cui pensare.