sabato 18 luglio 2009

If only... #2

Un lettore mi ha scritto a proposito del mio post If only... del 6 marzo scorso:


«Ho avuto occasione di leggere il Suo intervento ... ed ho deciso di risponderLe. L'argomento del Novus Ordo è troppo complesso per essere affrontato in poche righe, ma Le posso dire che la frequentazione della Parrocchia della SS. Trinità dei Pellegrini a Roma, che grazie al Motu Proprio del Papa è divenuta "Parrocchia Personale" per la celebrazione di tutti i sacramenti nel Rito Tradizionale con il Messale rivisto da Papa Giovanni XXIII nel 1962, è stata un'esperienza grandiosa per me che ha comportato l'apertura di nuovi scenari nella mia esperienza spirituale.
Nel Suo testo c'è il pregio di una notevole capacità di tolleranza, persino nei confronti della messa antica, e questo Le dà il merito di non essere confuso con quella parte del clero che ha visto nel Motu Proprio una pericolosa inversione di tendenza verso il Medioevo (salvo poi che occorrerebbe vedere quanto il Medioevo fosse peggiore del nostro mondo moderno, apparentemente molto disinfettato sul piano materiale, ma molto lurido su quello spirituale).
Ma questa Sua frase merita un commento a parte; si riferisce alla coppia di Filippini:

"Cosí, ho proposto di celebrare la Messa in latino secondo il Messale di Paolo VI, in canto gregoriano e con le letture in inglese. Sono rimasti cosí soddisfatti, che ho pensato: se tutti i sacerdoti avessero sempre celebrato il novus ordo nel modo dovuto, forse a questo punto nessuno avrebbe nostalgia del vecchio uso e non ci sarebbe stato bisogno di nessun motu proprio..."

Effettivamente quello che Lei dice non ha molto senso, se è vero, come è vero, che la Riforma Liturgica fu voluta "apparentemente" proprio per venire incontro alla richiesta da parte di un gran numero di fedeli che da tempo sollecitavano — a detta dei riformatori — una maggiore comprensione dei testi. Ma Lei sa benissimo che il Novus Ordo non è affatto la trasposizione in lingua vernacolare della Liturgia Cattolica, ma un sua totale trasformazione, che è stata analizzata e bocciata da molti teologi tra cui i Cardinali Ottaviani e Bacci subito dopo la promulgazione. Lei vorrebbe salvare le apparenze riconsegnando al latino una liturgia riformata che dista anni luce da quella della Chiesa Cattolica tradizionale, forse perché si rende conto del baratro di abusi e sbavature che questa riforma ha comportato. Lei forse vorrebbe che almeno formalmente si ritornasse all'antico, magari con il rischio che nessuno capisca nulla, ma con un rito accettabile per ordine e compostezza?
Questo non è giusto e mi creda non rende giustizia alla verità delle cose. La Messa tradizionale cattolica è la Polifonia Antica, il Novus Ordo è il Festival di San Remo, questa è la mia opinione, e non è possibile nobilitarla traducendola in latino.
La Sua posizione è comunque interessante perché indica un disagio nei confronti di un rito che ha dato risultati anche scandalosi, e riconosca almeno una cosa: grazie al Santo Padre ed al Suo Motu Proprio anche Lei nel novembre del 2007 ha acquistato il Suo Messalino...
La saluto con simpatia.
Dr. Alessandro Guzzi».


Mi spiace per il gentile lettore, ma non mi sembra che abbia capito bene la mia posizione. Forse ha scoperto solo di recente questo blog, e quindi non ha ancora avuto modo di conoscermi a fondo.

Innanzi tutto, lo inviterei a pesare bene le parole. Forse non si rende conto, ma fa delle affermazioni pesanti, che certamente non sono in sintonia con il motu proprio. Quando parla di "Lituriga Cattolica", la identifica sic et simpliciter col Vetus Ordo; il Novus Ordo ne sarebbe una "totale trasformazione", "che dista anni luce" dalla liturgia "della Chiesa Cattolica tradizionale". La logica conseguenza di tali affermazioni è quella di considerare invalido il nuovo rito, cosa che non solo è contro il motu proprio, ma sapit haeresim. Stiamo attenti a non diventare eretici in nome della tradizione.

Per quanto riguarda la mia posizione, il lettore afferma che io vorrei "salvare le apparenze riconsegnando al latino una liturgia riformata"; vorrei "che almeno formalmente si ritornasse all'antico, magari con il rischio che nessuno capisca nulla, ma con un rito accettabile per ordine e compostezza". Interessante notare che, per criticare la mia posizione, il lettore, che si dice tradizionalista, si serve di un argomento che ci si aspetterebbe da un progressista. Perché tanta preoccupazione che la gente non capisca nulla? Forse capirebbe di piú col Vetus Ordo? Ho già detto in un mio precedente post che non mi sembra poi un problema cosí insormontabile se l'Ordo Missae (diverso è il caso delle letture) dovesse rimanere in latino: una volta che so (e, se non lo so, basterebbe usare un messalino o un foglietto de La Domenica) che Dominus vobiscum significa "Il Signore sia con voi" e che la risposta è Et cum spirito tuo (che significa "E con il tuo spirito"), sarebbe cosí problematico anche per chi non conosce il latino ripetere quelle semplici formulette? In fondo, anche nella liturgia in volgare continuiamo a ripetere Amen e Alleluia senza aver studiato l'ebraico...

Ma quello che mi fa piú riflettere è l'affermazione secondo cui non è possibile nobilitare la nuova liturgia "traducendola in latino". Il lettore, e chissà quanti con lui, pensa che la nuova liturgia sia nata nelle lingue volgari e che, se la si vuol celebrare in latino, sia necessario "tradurla". Il lettore neppure immagina che il Messale di Paolo VI è in latino; non solo, ma non immagina neppure che, mentre nelle lingue volgari siamo alla 2a edizione (in inglese siamo ancora alla 1a!), il Messale di Paolo VI in latino ha già raggiunto la ristampa "riveduta e corretta" della 3a edizione. E tale Messale può essere utilizzato da qualsiasi sacerdote, in qualsiasi luogo, in qualsiasi circostanza, senza bisogno di alcun indulto o motu proprio. Il problema è che nessuno lo fa. È questo che mi fa arrabbiare. I fedeli non hanno mai avuto la possibilità di sperimentare la "vera" liturgia rinnovata; molto spesso sono costretti ad subirne scadenti scimmiottature. E poi ci si meraviglia che alcuni cerchino rifugio nella Messa tridentina. Ripeto e confermo quanto scritto nel mio post If only... e qui ripreso dal gentile lettore. La sua lettera dimostra la tremenda responsabilità di tutti noi (vescovi e sacerdoti), che abbiamo impedito ai fedeli di fare esperienza diretta dell'autentica liturgia; li abbiamo privati di un loro diritto; li abbiamo defraudati di qualcosa che loro apparteneva. Perché meravigliarci ora se alcuni di loro pensano che, per ritrovare la "Liturgia Cattolica", ci si debba necessariamente rivolgere al rito tridentino? Ed è proprio questo che mi preoccupa maggiormente del m. p. Summorum Pontificum: che alla fine, chi ci rimette, sia esclusivamente il Novus Ordo in latino. State pur certi che il motu proprio non intaccherà minimamente i diffusi abusi esistenti: semplicemente avremo, per usare le immagini del lettore, giustapposte fra loro, alcune chiese con la "Polifonia Antica" e altre con il "Festival di Sanremo".

Potrei fermarmi qui, ma penso che sia opportuno che chiarisca una volta per tutte la mia opinione a proposito del motu proprio. Naturalmente, lo accetto con religioso ossequio, come si conviene a qualsiasi decisione del Romano Pontefice. Il Papa può decidere autonomamente quel che ritiene piú opportuno per il bene della Chiesa (gli unici limiti gli sono posti dalla rivelazione). Il Papa potrebbe anche decidere l'abolizione del Novus Ordo e la restaurazione del Vetus Ordo tout court. Non sta certo a me sindacare il suo operato.

Quel che non mi convince è la motivazione che Benedetto XVI ha portato per giustificare il suo (ripeto, piú che legittimo) intervento: che il precedente Messale non sia stato mai abolito. Personalmente avrei qualche dubbio in materia. Recentemente il Padre Matias Augé ha pubblicato nel suo blog stralci di un illuminante discorso pronunciato da Paolo VI il 24 maggio 1976. Papa Montini, fra l'altro, affermava:

«L’adozione del nuovo “Ordo Missae” non è lasciata certo all’arbitrio dei sacerdoti o dei fedeli: e l’Istruzione del 14 giugno 1971 ha previsto la celebrazione della Messa nell’antica forma, con l’autorizzazione dell’Ordinario, solo per sacerdoti anziani o infermi, che offrono il Divin Sacrificio sine populo. Il nuovo Ordo è stato promulgato perché si sostituisse all’antico, dopo matura deliberazione, in seguito alle istanze del Concilio Vaticano II. Non diversamente il nostro santo Predecessore Pio V aveva reso obbligatorio il Messale riformato sotto la sua autorità, in seguito al Concilio Tridentino».

Se le parole hanno un senso, mi pare che la reale intenzione di Paolo VI nel promulgare il nuovo Messale sia piú che evidente. Che poi i suoi successori abbiano l'autorità di rivedere le decisioni di Paolo VI, non ci piove; ma, a mio parere, dovrebbe essere detto esplicitamente. Io stesso (che pure successore di Paolo VI non sono) ho l'impressione che egli restringesse eccessivamente la possibilità di celebrare secondo l'antico rito (ai sacerdoti anziani e malati che celebrano sine populo). Personalmente sono sempre stato del parere che non ci sia alcun problema che determinati gruppi possano celebrare la Messa secondo il Vetus Ordo. Sono sempre esistite Chiese sui juris (le Chiese orientali), diocesi (p. es., la diocesi di Milano), chiese (p. es., la cattedrale di Toledo), ordini religiosi con un loro rito proprio. Non vedo perché non ci possano essere oggi circoscrizioni ecclesiastiche (p. es. un'amministrazione apostolica), prelature personali, parrocchie, istituti di vita consacrata, società di vita apostolica o associazioni di fedeli che abbiano come loro rito proprio il rito tridentino.

Quel che mi fa problema è la liberalizzazione generalizzata di tale rito. Capisco il motivo della decisione pontificia (l'opposizione ai precedenti indulti da parte di non pochi vescovi), e lo condivido. Ma mi pare che tale liberalizzazione possa essere accettata solo come una fase transitoria in vista di una possibile, forse necessaria, "riforma della riforma", che riveda il Novus Ordo, recuperando alcuni elementi del Vetus. A quel punto, il rito romano della Messa dovrebbe tornare a essere uno solo per tutti, pur ammettendo, come ho detto, che alcuni gruppi possano continuare a celebrare la Messa secondo il vecchio rito. E questo non per benevola concessione o per semplice "tolleranza", ma come espressione di un legittimo pluralismo, che è sempre esistito e ha sempre costituito una ricchezza nella Chiesa.